Quel che vi serve
sapere: Donna Maria
Puentes è partita per la Delvadia per ritrovare un uomo che ha amato in passato
e che ha combattuto al suo fianco durante la rivoluzione che ha abbattuto la
dittatura di quello che all’epoca era conosciuto come Rio de Muerte. L’uomo, un
norteamericano soprannominato El Libertador, era stato dato per morto
ma invece era stato imprigionato nella vicina Delvadia e liberato quando era
caduta anche la dittatura di quella nazione. Le privazioni e le torture gli
avevano fatto perdere la memoria.
Un
commando delle milizie di estrema destra delvadiane ha rapito El Libertador e Donna Maria si è messa
alla ricerca dei rapitori per poi scomparire a sua volta.
Steve
Rogers e Jack Flag sono decisi a ritrovarli entrambi.
#46
CHI È
EL LIBERTADOR?
2°
parte
di
Carlo Monni & Carmelo Mobilia
Delvadia,
Barrio di San Vicente.
Donna Maria Puentes rivolse uno sguardo
decisamente sorpreso ed incredulo all’uomo che era appena entrato nella stanza
in cui era tenuta prigioniera, con le mani legate ai braccioli di una sedia.
Non le avevano legato anche le gambe un errore di cui uno dei suoi carcerieri,
che ora era rannicchiato in un angolo aveva buoni motivi di essersi pentito.[1]
Il nuovo venuto era un uomo alto e
snello dal fisico tonico, dai lunghi baffi neri ed un accenno di pizzo sul
mento. Si fermò davanti alla ragazza e disse:
<Sorpresa di vedermi?>
<Avevo sentito dire che eri morto… e
lo speravo.>
<Voci che ho messo in giro ad arte
io stesso quando sono stato costretto a fuggire da qui, dalla mia patria, per
evitare che mi cercassero. Ho perfino fatto ritrovare un cadavere che poteva
passare per il mio. A tutti gli effetti il Colonnello della Polizia Segreta
Domingo Guzman non esiste più.>
<Magari fosse vero.>
<Che razza di modo di rivolgersi ad
un vecchio amico.>
<Non siamo mai stati amici. Eri
amico, di mio cugino Hector, anzi eravate complici nell’organizzare gli
squadroni della morte per eliminare i dissidenti dei vostri regimi. Io ti
disprezzavo come disprezzavo lui, anche di più.>
<Mi dispiace sentirtelo dire, perché
invece a me tu piacevi parecchio. Per
questo sei ancora viva: quando ti ho riconosciuta ho ordinato di catturarti e non
torcerti un capello.>
<Che ci fai qui, Guzman? Perché sei
tornato? Sei diventato il capo dei Lobos
Locos?>
<I Lobos Locos sono solo una
rotellina di un ingranaggio molto più grande. Sono venuto a portare loro
un’offerta che non potevano rifiutare: nessuno respinge un‘offerta di Tarantula
Nera, non se vuole continuare a vivere.>
Donna Maria rabbrividì
involontariamente. Come tutti in Centro e Sud America aveva sentito parlare del
boss criminale che viveva in Argentina e da lì controllava pressoché tutti i
traffici illeciti dai tropici fino a sud dell’Equatore. Di lui si diceva che
fosse dotato di straordinari poteri e che fosse addirittura immortale.
<Non dirmi che tu…?> esclamò la
ragazza.
<No, non sono lui… non proprio.>
replicò Guzman con un sorrisetto maligno <Possiamo dire che sono uno dei
suoi più fidati luogotenenti e mentre lui è negli Stati Uniti per espandere gli
affari anche al nord,[2]
ha mandato me a Delvadia per far capire ai Lobos Locos che era meglio per loro
accettare di diventare parte della sua organizzazione e già che ero qui, ho
pensato di risolvere un certo affare personale rimasto in sospeso.>
<El Libertador!> esclamò Donna
Maria.
<Esatto.>
In quel momento due uomini entrarono
nella stanza trascinando un uomo dai capelli neri, a parte le tempie
imbiancate.
<Jerry!> esclamò ancora Donna
Maria.
L’uomo sollevò con fatica la testa.
Nonostante fosse chiaramente molto provato, trovò la forza di abbozzare un
sorriso.
<A quanto pare, ci ritroviamo
ancora, señorita, peccato che non
sia in circostanze più piacevoli.> disse in Inglese.
<Silenzio, cabròn.> lo apostrofò uno dei suoi carcerieri colpendolo alle
costole.>
<Basta così:> ordinò seccamente
Guzman, poi si rivolse di nuovo a Donna Maria <Il tuo amichetto è un vero
duro non ha emesso quasi un lamento anche se l’ho personalmente sottoposto ad
un trattamento pesante. >
Mentre parlava i suoi uomini avevano
legato l’uomo ad un’altra sedia vicina a quella di Donna Maria che lo osservava
con preoccupazione. Era in brutte condizioni ma vivo.
<Non è morto perché io non l’ho
voluto.> disse Guzman <Mi serve vivo per ora. A quanto pare, la sua
amnesia non è un trucco, ma non importa: ho in mente certi sistemi che potranno
fargli tornare la memoria.> spiegò Guzman.
<Perché è tanto importante per te?>
chiese la ragazza
<Lui sa delle cose molto importanti
per qualcuno ed io sono deciso a strappargli i suoi segreti o a fare in modo
che nessuno oltre a lui li conosca e possa compromettere la mia operazione.>
Donna Maria si guardò intorno e per la
prima volta si rese conto che gli uomini in quella stanza non erano solo membri
della gang dei Lobos Loco: alcuni di loro avevano un portamento che rivelava un
passato militare. La ragazza comprese che erano ex membri delle forze armate e
della polizia segreta del vecchio regime dittatoriale delvadiano.
<Tu non sei qui solo per i Lobos
Locos,> disse rivolta a Guzman <Tu ed i tuoi amici state preparando un
colpo di stato.>
<Molto brava. Sei davvero una
ragazza sveglia. La democrazia qui è ancora molto fragile e basterà una spallata
decisa per farla cadere. Lo stesso accadrà nel tuo piccolo paese al momento
opportuno se un nostro vecchio amico laggiù farà la sua parte >
<Qualcuno nel governo del mio paese è
d’accordo con voi? Non posso crederci > esclamò. Donna Maria sconcertata
<Chi è questo traditore?>
<Questa, mia cara, è un’informazione
che avrai solo al momento opportuno. Fino ad allora tu ed il tuo amico sarete
miei graditi ospiti.>
Donna Maria non si faceva illusioni:
Guzman li avrebbe mantenuti in vita finché non avesse saputo dal Libertador quello
che gli interessava, ammesso e non concesso che ci riuscisse, ma dopo lo
avrebbe sicuramente ucciso ed avrebbe ucciso anche lei che sapeva ormai troppo.
Doveva trovare un modo di fuggire ma
come?
Capitale di Delvadia,
Districto Central.
Jack
Bascomb sedeva nel suo ristorante preferito intento a scolarsi il terzo cuba libre
di seguito quando vide entrare i due americani: uno biondo vestito con un
impeccabile vestito blu ed uno più giovane, dai capelli castani con la frangia
che gli scendeva sulla fronte.
Capì
immediatamente che erano lì per lui prima ancora che lo notassero e si
dirigessero verso il suo tavolo. Il suo istinto gli diceva che portavano guai
ed il suo istinto non sbagliava mai in questi casi.
Fu
il biondo a parlare:
<Jack
Bascomb?>
<Il
solo e l’unico.> replicò lui in tono sarcastico <Con chi ho l’onore di parlare?>
<Agente
Speciale Roger Stevens del D.S.S.[3] e
lui è il mio collega Harry Jackson.> si presentò il biondo.
Bascomb
li squadrò, poi scrollò le spalle e ribattè:
<Addirittura?
E che volete da me? Avete ritrovato il passaporto che ho perso tre anni fa?>
<Molto
spiritoso.> commentò il ragazzo <Non farci perdere tempo. Sappiamo che
sei della C.I.A.>
<Io?
Devi confondermi con qualcun altro, io sono solo un umile rappresentante
di…>
Il
biondo che aveva detto di chiamarsi Stevens lo fissò con occhi di ghiaccio ed
in tono tranquillo ma fermo disse:
<Come
ha detto il mio collega, Mr. Bascomb, non abbiamo tempo da perdere, quindi
niente commedie.>
Bascomb
sospirò, alzò una mano per chiamare un cameriere ed infine replicò:
<Ok,
giochiamo a carte scoperte. Io sono un agente della C.I.A., è vero, ma tu,
biondo, hai una faccia troppo da bravo ragazzo per essere un vero agente
federale ed il tuo amichetto ha l’aria di avere perso solo da poco l’ultimo
dentino da latte. Scommetto anche che i vostri nomi sono falsi come i
distintivi che avete mostrato.>
Il
ragazzo non aveva gradito i suoi commenti ed avanzò verso di lui agitando il
pugno.
<Chi
ti credi di essere amico? Io…>
Steve
Rogers, alias l’agente Stevens, mise la mano sulla spalla di Jack Harrison e
disse:
<Calmo.
Sono certo che Mr. Bascomb non voleva essere offensivo, dico bene?>
Senza
aspettare risposta, si sedette davanti a Bascomb mentre Jack si sistemò alla
sua destra.
<Ora
che ci siamo detti la nostra, vogliamo comportarci da persone civili e parlare
di ciò che ci interessa?>
Bascomb
sospirò e rispose:
<Sono
sempre stato un tipo collaborativo… quando serve.>
In
quel momento arrivò un cameriere e Bascomb gli disse:
<Portami
un altro cuba libre, Miguel, e ai señores…>
<Solo
un bicchiere d’acqua, grazie.> disse Steve.
<Per
me nulla.> aggiunse Jack.
<Gli
integerrimi agenti federali rifuggono l’alcool, eh? Beh, io non sono così
integerrimo.>
<Ma
Logan dice che lei ha una coscienza per quanto cerchi di tenerla ben
nascosta.> affermò Steve.
Bascomb
spalancò occhi e bocca in un’espressione di assoluta sorpresa ed esclamò:
<Logan?
Quel Logan? Lei lo conosce?>
<Da
molto tempo, mi creda.> rispose Steve. “Più
o meno dal 1940” avrebbe voluto aggiungere, ma quella battuta avrebbe
richiesto troppe spiegazioni.
<Questo
cambia tutto!> ridacchiò Bascomb, molto più ben disposto dopo tale
rivelazione <Se siete amici di Logan tanto basta per fidarmi di voi. Cosa
volete sapere?>
<Chi
è Jerry Drake? E perché la C.I.A. lo cerca?>
<Jerry
Drake non esiste e per quanto ne so non è mai esistito. Era la copertura per un
nostro agente in missione da queste parti: secondo la sua “leggenda” era un ex
militare dal carattere ribelle che si era trasferito in Sud America per rifarsi
una vita e campava trasportando turisti e merci a bordo di uno scalcagnato
Piper. Per quanto ne so, i cervelloni di Langley[4]
possono aver preso l’idea da un vecchio fumetto. Sarebbe nel loro stile.>
<Che
missione?>
<E
che ne so? Qualcosa di estremamente classificato ed estremamente sporco se
volete il mio parere, visto chi la gestiva.>
<Ovvero?>
<Un
bastardo di nome Rawlins. Se doveste incontrarlo, non voltategli mai la
schiena, potreste ritrovarvi con un coltello piantato tra le scapole.>
<Grazie
del consiglio, ma torniamo alla missione di cui parlava. Come finì?>
<A
putt… ahem, lei è il tipo che non gradisce le parolacce, giusto? Diciamo che
qualcosa andò storto ed il nostro amico Drake scomparve per riapparire qualche
tempo dopo al fianco dei ribelli di Rio Muerte diventando il loro Libertador.> sentenziò Bascomb bevendo
un sorso dal suo bicchiere.
<Se
volete la mia opinione…> riprese a raccontare <… ha visto o fatto
qualcosa che era troppo perfino per lui e così ha deciso di mollare. La cosa
non deve essere piaciuta molto a Rawlins, se lo conosco bene, ma ha dovuto inghiottire
il rospo, almeno finora. Quel figlio di… una signora di facili costumi… deve
essere ansioso di scoprire cosa sa il nostro amico scomparso e recuperare
eventuali prove. Ora ne sapete quanto me.>
<A
meno che tu non ci stia nascondendo qualcosa e non mi sorprenderebbe.> intervenne
Jack
<Ho
detto tutto quello che so, parola.> ribattè Bascomb.
<La
parola di un agente della C.I.A. non è il massimo dell’affidabilità.>
<Ma
io gli credo.> affermò Steve <Ma adesso parliamo di dove potrebbe essere
stato portato El Libertador dopo il
suo rapimento?>
<Questa
è facile: la banda che l’ha rapito è affiliata ai Lobos Locos ed il regno dei Lobos
Locos e il Barrio[5] di San Vicente. Lì
le forze dell’ordine delvadiane non osano nemmeno entrare. Il nostro amico è
sicuramente là.>
<Molto
bene, ora…>
<Aspetti…
c’è un’altra cosa che le può essere utile sapere: i Lobos Locos hanno forti legami con l’estrema destra delvadiana che
sogna di riprendere il potere ed ha uno dei loro covi proprio nel Barrio. È probabile che Drake sia stato
consegnato a loro.>
<Lei
è decisamente una miniera di informazioni.>
Bascomb
sogghignò e replicò:
<Ehi,
posso sembrare male in arnese, avere la barba sfatta, il vestito sgualcito ed
una certa predilezione per l’alcool ma sono sempre un agente della C.I.A. e so
fare il mio lavoro. Giusto per dimostrarvelo, vi dirò un altro paio di cosette
che potrebbero interessarvi…>
Poco
più tardi Steve e Jack uscirono dal locale ed il giovane chiese:
<Credi
che ci abbia detto la verità?>
<Direi
di sì, non tutta magari, ma l’ha detta.> rispose Steve.
<E
ora che si fa?>
<Una
visita al Barrio di San Vicente, naturalmente.>
<Ottimo.
Avevo proprio voglia di menare le mani.>
Brighton Beach, Brooklyn, New York.
Bucky Barnes e Yelena Belova tornarono all’appartamento che lei aveva affittato sotto falso nome.
I due avevano passato la giornata precedente a dare
la caccia al misterioso assassino che ultimamente stava mietendo numerose
vittime a New York, emulando lo stile con i quale il Soldato d’Inverno ai tempi
in cui commetteva omicidi per conto dei sovietici.
Ogni pista battuta però si era rivelata un buco
nell’a acqua.
<Non posso crederci!> sbottò lui <Sto dando
la caccia ad un fantasma! Non è possibile che questo tizio non lasci la minima
traccia è... troppo bravo!>
Buck aveva l’aria stravolta. La caccia al suo
emulatore lo stava consumando nel fisico e nei nervi.
<I miei contatti tra i servizi segreti russi
negano ogni loro coinvolgimento, e non ho motivo di non credergli.> disse
Yelena.
<Lo troverò. Lo troverò e lo fermerò, costi quel
che costi.> rispose lui.
<James... perché sei così ostinato? Perché ti ci
stai dannando così tanto?> gli chiese lei < Non dormi più, sparisci per
intere nottate... mi sveglio nel letto e non ti trovo. Rientri sempre più
sfinito e sconvolto, ti stai ammazzando in questo modo!>
<Ma non lo capisci? E’ mio dovere fermarlo. E’
una cosa personale. Questi omicidi... è come se io...> non volle terminare la
frase, ma Yelena capì che, per qualche motivo, si riteneva responsabile.
Avrebbe voluto dirgli qualcosa per rincuorarlo, ma
non trovò le parole.
Buck accese la TV, sintonizzandosi sul notiziario e
questo, con un tempismo sadico e crudele, gli diede la notizia che tanto
temeva: era stato compiuto un altro omicidio politico.
Aeroporto El Condor, Capitale di Delvadia, oggi.
L’americano dai capelli e barba neri ed
una vistosa benda nera sull’occhio sinistro uscì dall’aeroporto e si diresse
verso una limousine in attesa.
<El
Señor
Rawlins?> gli chiese l’autista <La stavamo aspettando.>
William Rawlins salì sul lato
posteriore dove c’erano già Domingo Guzman ed un altro uomo, anche lui ispanico.
<Ho saputo che avete combinato un
bel casino.> disse loro mentre l’auto si immetteva nel traffico
<I miei hombres dovevano assicurarsi che tutto andasse secondo i piani ma
quando il caposquadra ha sentito che El Libertador non sarebbe andato subito in
Ambasciata ha avuto paura che potesse sfuggirci di nuovo ed ha deciso di
intervenire.> replicò Guzman.
<Quasi ammazzando l’Ambasciatore
Villiers.>
<Mi dispiace, è stato un danno
collaterali. Accade.>
<Non me ne frega un accidente
dell’ambasciatore, ma l’intera operazione avrebbe dovuto avere il profilo più
basso possibile ed invece è finita su tutti i media facendo il giro del mondo.
C’è di buono che si sono fissati sull’attentato terroristico e non hanno capito
chi era il vero bersaglio.>
<C’è un altro problema.>
intervenne l’altro uomo <Sulle tracce di Donna Maria sono arrivati due norteamericanos con delle connessioni
con lo S.H.I.E.L.D, ma non ho capito bene quali.>
<S.H.I.E.L.D. eh? Brutta gente.>
borbottò Rawlins <Avete delle foto?>
L’uomo che aveva appena parlato gli
mostrò delle immagini dal suo cellulare.
<Non mi dicono molto. Il ragazzo mi
è assolutamente sconosciuto. Il biondo, invece… non so. In ogni caso se si
avvicinano troppo alla verità c’è una sola cosa da fare.>
<Eliminarli.> concluse Domingo
Guzman passandosi un dito lungo la gola.
Florida.
Nomad
era decisamente perplesso. Era convinto di stare dando la caccia a dei comuni
trafficanti di droga e si era ritrovato a scoprire un traffico di materiale
radioattivo, plutonio per la precisione.[6]
A
chi poteva far gola materiale simile? La risposta era quasi scontata:
terroristi domestici o stranieri. C’era un solo modo per saperlo.
Senza
farsi vedere, aveva seguito i Lobos Locos fino al punto di incontro con gli
acquirenti, una rientranza della baia, lontana da occhi indiscreti.
Gli aspiranti acquirenti erano due
uomini: un uomo sui 25 anni al massimo ed un altro più anziano. Dal suo
portamento, dal modo in cui si guardava intorno doveva avere un addestramento
militare, Jack Monroe ne era sicuro.
Da
dove si trovava, per quanto ben nascosto, poteva sentirli parlare tra
loro e capire abbastanza bene quello che dicevano. Gli aspiranti acquirenti si
rivolsero ai trafficanti in spagnolo, ma avevano uno strano accento.
Non erano americani e nemmeno indios o
meticci, anche se avevano la pelle olivastra.
Jack ebbe un sospetto ma sperò di
essersi sbagliato.
I due esaminarono il carico e
parlottarono tra loro in una lingua straniera.
Sentendoli parlare Nomad capì di non
essersi sbagliato: anche se non comprendeva la loro lingua, adesso era certo di
una cosa: erano mediorientali.
Il plutonio stava andando a dei terroristi arabi. Quel bastardo di Giscard
Epurer ne era al corrente, quando l’aveva coinvolto in quella sporca faccenda?
Avrebbe scommesso di sì.
Non
era il momento di pensarci adesso: quei terroristi stavano per impossessarsi di
materiale utile a realizzare una bomba
micidiale e lui non poteva permetterlo a nessun costo.
Decise di intervenire immediatamente ed
impedire che lo scambio avesse luogo.
Erano in cinque compreso l’autista del
furgone dei Locos, troppi per un uomo solo, a meno che quell’uomo non fosse
lui, naturalmente.
Uscì dal nascondiglio e saltò verso i
suoi avversari stendendone uno con un calcio
<Que…?>
esclamò uno dei Locos prima che uno dei dischetti da lancio di Nomad lo
raggiungesse alla fronte.
L’autista provò a scendere ma Nomad gli
sbatté lo sportello dritto sul viso.
Rimanevano solo i due arabi.
Quello più anziano avanzò verso di lui.
Non dava segno di essere preoccupato.
All’improvviso gli sferrò un calcio
rotante che Nomad evitò per un pelo.
Il tizio era in gamba, pensò Nomad,
decisamente in gamba.
Cominciò tra loro un silenzioso duello
di mosse e contromosse, finte e controfinte.
I due sembravano non essere capaci di
prevalere l’uno sull’altro.
Osservando il modo in cui si muoveva,
la rapidità e la velocità delle sue mosse, Nomad capì con stupore una cosa del
suo avversario:
“C’è qualcosa di strano in questo
tizio” pensò mentre il suo avversario ribatteva colpo su colpo ai suoi attacchi
“Se il mio istinto non si sbaglia, e raramente lo fa, giurerei che anche lui è
stato potenziato, proprio come me. E’ una specie di supersoldato.” intuì. “Merda.
Un supersoldato arabo. Ma in che guaio sono andato a cacciarmi, stavolta?”
Concentrato com’era sull’arabo, Jack
non si accorse che alle sue spalle uno dei Lobos si era ripreso e gli puntava
contro una pistola.
Sentì un improvviso dolore alla testa,
barcollò e piombò in acqua.
In pochi attimi scomparve lasciando in
superficie una chiazza di sangue.
<Quel
tizio era bravo. Mi ha messo davvero in difficoltà.> disse nella sua
lingua l’arabo al suo compagno più giovane, poi si rivolse in spagnolo ad uno
dei Lobos Locos che si stavano rialzando <Qualcuno di voi sa chi fosse quel
tizio?>
<Mai visto prima.> rispose uno.
<Per come era vestito, sembrava un
vigilante che c’era da queste parti qualche anno fa, ma avevo sentito dire che
era morto. Forse era un suo emulatore.> aggiunse un altro.
<Beh, tanto ormai è morto anche lui.
Anche se la mia pallottola non l’avesse sistemato, ormai la corrente l’avrà
trascinato al largo e se non sarà ancora annegato, ci penseranno gli squali a
farlo sparire del tutto.>
Sul volto dell’uomo che si era battuto
con Nomad passò un’ombra di dubbio ma rimase silenzioso. Il suo compagno più
giovane, invece, intervenne con decisione:
<Non perdiamo tempo. Concludiamo il
nostro affare. Non voglio rimanere qui un minuto più del necessario.>
Ci vollero solo pochi minuti perché lo
scambio tra plutonio e dollari si concludesse con soddisfazione di entrambe le
parti, poi i due arabi e i Lobos Locos si allontanarono in direzioni diverse.
La piccola rada ritornò tranquilla,
poi, improvvisamente una figura emerse faticosamente dall’acqua.
Nomad non era morto. La pallottola gli
aveva solo sfiorato la tempia destra procurandogli una lacerazione più brutta a
vedersi che realmente grave.
Era rimasto stordito per qualche
istante ma si era ripreso in fretta, merito anche del siero del supersoldato
che gli scorreva nelle vene.
Con poche e vigorose bracciate aveva di
nuovo raggiunto la spiaggia ma ormai troppo tardi per impedire la transazione e
la fuga dei terroristi con il plutonio.
Avrebbe potuto ritrovare i Lobos Locos
quando voleva, non erano loro il problema più serio.
Chi erano quegli arabi? Che intenzioni
avevano? Il più giovane sembrava il capo, ma l’altro? Era troppo preparato,
troppo forte per essere un semplice guardaspalle.
<Terroristi arabi, una bomba al
plutonio, un supersoldato... Jack, hai scelto la serata sbagliata per scazzare
e mandare tutto a monte.> si disse, maledicendosi.
Si sentiva frustrato e furioso con se
stesso per aver fallito.
Non aveva scusanti: aveva sottovalutato
gli avversari e le conseguenze sarebbero state gravi.
Non c’era altra scelta che ammettere
che era il caso di inghiottire l’orgoglio e chiedere aiuto.
New York.
Aleksandr
Lukin, Presidente della Kronas Inc, una delle più grandi società industriale e
finanziarie russe, si trovava in uno dei più rinomati e lussuosi ristoranti
della Grande Mela. Stava aspettando un ospite che arrivò in perfetto orario.
L’ospite
in questione era una donna dai corti capelli biondi, alta e dal fisico
statuario.
<Benvenuta
Phoebe.> la salutò Lukin alzandosi galantemente <Sei più bella che
mai.>
<Poche
chiacchiere, Lukin.> ribattè la donna <Perché questo appuntamento? Gli
affari di solito preferisco trattarli in ufficio e in orario di lavoro.>
Lui
non si scompose e rispose:
<Ha
preferito un terreno neutrale sperando che sarebbe stato più facile trovare un
accordo. Ho saputo che la Oracle è interessata a quel nuovo progetto di
gasdotto oceanico e che sei tu ad occupartene. Anche la Kronas partecipa alle
trattative per assicurarsi la concessione ed io non voglio la guerra. Il mio
consiglio da amico, quindi, è che vi ritiriate. Ci sono migliaia di altri
progetti più interessanti e lucrosi su cui potete concentrarvi.>
Phoebe
Marrs, spietata dirigente della Oracle Corporation, scoppiò a ridere e quando
si fu calmata replicò:
<Come
battuta non era male, Aleksandr. Devi sapere che quel progetto mi interessa
molto ed interessa molto anche il mio capo, che è recentemente ritornato dopo
un periodo di assenza. Se hai sentito parlare di lui, dovresti sapere che non è
uno che si fa impressionare da velate minacce anzi è meglio non irritarlo se si
vogliono evitare guai.>
<Nemmeno
io sono un nemico da sottovalutare, Phoebe.> replicò Lukin <Il tuo Mr.
McKenzie, nonostante i suoi molti talenti, potrebbe trovarmi molto
indigesto.>
<Ma
non quanto tu troveresti lui, puoi credermi.>
<Vedremo.
Intanto volevo chiarire una cosa: so che mi hai fatto spiare. La cosa non mi è
piaciuta. Riprovaci e sarò costretto a prendere seri provvedimenti.>
<Sono
davvero spaventata adesso.> replicò Phoebe in tono sarcastico.
Lukin
sogghignò. Ammirava quella donna: sarebbe stata un’avversaria da non
sottovalutare.
El Barrio di San
Vicente,
<Non
dovremmo cambiarci di abito, Steve? Non diamo troppo nell’occhio così?> domandò
Jack Flag.
<E’
proprio quello che voglio Jack: la presenza di due norteamericanos in costume, forse dei supereroi, deve
necessariamente innervosire qualcuno. Forse proprio quelli che stiamo
cercando.>
La
prima tappa fu nel bar dove El Libertador era stato coinvolto nella rissa che
l’aveva portato in prigione.
Steve
stava cominciando a convincersi che anche quella fosse in realtà stata un primo
tentativo di rapimento andato male; probabilmente non si aspettavano una
reazione così violenta da parte della loro vittima.
Ripensandoci,
c’erano molti punti oscuri nella biografia del Libertador: che ci faceva nelle
jungle del Centro America? Jerry Drake non era quasi certamente il suo vero
nome.
Chi
era veramente? Perché un ambasciatore si era scomodato per lui?
Nick Fury sapeva la risposta a queste domande?
Ne
era praticamente certo: Nick sapeva sempre tutto di tutti o quasi ma aveva il
brutto vizio di dare solo le informazioni che riteneva essenziali.
<Ok
Jack, volevi sfoggiare il tuo spagnolo? E’ questo il momento. Chiedi a questi
galantuomini chi sa qualcosa di quanto è avvenuto alla prigione di stato.>
<Lascia
fare a me.> rispose il ragazzo.
<Hola amigos.> disse, richiamando l’attenzione su di
se. <Ieri sera in città è successo un
casino. Una sparatoria alla prigione. Hanno ferito l’ambasciatore americano.
Siamo qui per sapere chi è stato. Siamo pronti a pagarvi bene
quest’informazione.>[7]
Steve
aveva visto giusto: la vista delle loro uniformi aveva innervosito tutti i
presenti di quel postaccio.
<Sei uno di quei
supereroi americani?> disse
un tizio al bancone, visibilmente alticcio <Conosci
l’Uomo Ragno? AH! Da queste parti non è molto gradito.>
<Sta zitto,
Pablo!> lo riprese
un altro.
Il
resto dei presenti non sembrava intenzionato a sbottonarsi.
<Non siamo in cerca
di guai, né vogliamo procurarvene>
riprese Jack <Vogliamo solo
quest’informazione. Barista, offri un giro di rum a tutti quelli che...>
<Non vogliamo il tuo
rum, Yankee, vogliamo solo che voi ve ne andiate!> disse uno, sbattendo il pugno sul
tavolo. <Non ci fanno impressione i vostri costumi colorati! Smammate!>
<Altrimenti?> chiese Jack in modo provocatorio.
<Vi facciamo il culo,
figli di puttana!>
<Steve,
hanno detto ...>
<Sì,
ho capito.> disse il Comandante.
Di
norma Steve non avrebbe colpito per primo, ma sapeva che quegli uomini non
avrebbero mai parlato, e c’era l’incolumità di Donna Maria di mezzo, quindi non
aveva tempo per le buone maniere: afferrò il tizio ostile per il bavero e lo
mandò a schiantarsi oltre il bancone.
<Qualcuno vuole
parlare, adesso?> chiese,
in un spagnolo un po’ rozzo ma efficace.
<ADDOSSO!> gridò qualcuno, mentre tutti si
lanciarono verso i due americani.
Steve
e Jack erano preparati a questa eventualità, e schiena contro schiena,
affrontarono i malintenzionati. Nonostante il loro maggiore numero, non
impensierirono neppure l’insolito duo.
Alla
fine più che una rissa, per loro fu poco più che un allenamento.
In
mezzo a tutti quei corpi doloranti o privi di sensi, Jack notò l’uomo ubriaco
di prima.
<TU! Vieni qui!> disse.
<NO! I-IO NON SO
NIENTE!> gridò
l’uomo spaventato.
<Io invece dico di sì.
Tranquillo, ti prometto che nessuno ti farà nulla se parli.>
<N-No, io ...
davvero, non so niente!>
Steve
gli si avvicinò. Io suoi occhi blu incrociarono quelli di lui. Era chiaro per
Pablo che quello yankee non si sarebbe mai fermato.
<Gli uomini di ieri.
Chi erano? Per chi lavorano?> domandò
Steve, con un tono determinato.
A
Pablo si sciolse la lingua. Rivelò loro dove si trovava il possibile covo delle
milizie contras delvadiane.
Steve
estrasse delle banconote dalla cintura e gliele infilò nella tasca della
camicia.
<Muchas gracias.> disse allontanandosi.
Prima
di lasciare il locale, Jack si voltò e disse:
<Hasta luego, amigos.> e uscì ridacchiando.
Altrove.
Poco dopo.
Un
telefono squillò in una stanza male illuminata.
<Pronto?>
<<Capo, è come
temevi. Due uomini hanno fatto domande sui fatti della prigione, giù al bar. Due
americani. Hanno massacrato tutti. Indossavano dei costumi.>>
<Saremo
pronti per loro.> rispose l’uomo, chiudendo la telefonata.
<Stanno
arrivando.> disse poi, rivolto all’uomo in costume.
<Bene.
Non sanno cosa li aspetta ...> replicò lui ed un ghigno comparve sul suo
volto baffuto.
La
punta del suo stivale scattò e una lama affilata ne uscì fuori.
Con
un calcio la conficcò nel muro.
<Nessuno
sopravvive a Tarantula!> esclamò, compiacendosi della sua forza.
CONTINUA
NOTE
DEGLI AUTORI
Poco
da dire anche stavolta, quindi non perdiamo tempo:
1) Tarantula
è il terzo a portare questo nome ed è stato inventato da Fabio Volino su Marvel
Knights #28.
2) Jack
Bascomb è un personaggio inventato da Archie Goodwin ed apparso per la prima
volta su Wolverine Vol. 2° #19 datato dicembre 1989.
3) Chi
sia il capo di Phoebe Marrs non abbiamo bisogno di dirvelo, vero?
Nel prossimo episodio, lo scoppiettante finale della nostra
storia e… ma perché dirvelo? Scopritelo leggendo.
Carlo
& Carmelo
[1] Lo avete visto nello
scorso episodio.
[2] Come visto in recenti
episodi di Moon Knight.
[3] Diplomatic Security
Service-
[4] Località in Virginia
dove si trova la sede della C.I.A.
[5] Quartiere o piccolo
villaggio.
[6]eventi narrati, ovviamente, nel numero precedente
[7] Tradotto dallo Spagnolo ovviamente.